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Archivio mensile:luglio 2012

Schermata dell’account Twitter di Christophe Cotteret

Christophe Cotteret, francese, che si divide tra Europa, Libano e Tunisia, è regista teatrale e documentarista.

Dal 2006 lavora a Projet Liban, sette movimenti, sette spettacoli, dedicati ai conflitti nel Medio Oriente e alle recenti rivoluzioni arabe, ponendo al centro l’attualità, il trattamento che i vari media fanno di una notizia, attraverso l’uso dell’immagine, fondando un nuovo teatro politico documentario.

Alla rivoluzione tunisina del gelsomino in particolare è dedicato il suo primo lungometraggio documentario Démocratie Année Zéro, che ha appena terminato di girare.

Ci siamo dati appuntamento su Twitter per una Tweet-intervista in dieci domande in cinque giorni, da lunedì 23 a venerdì 27 luglio.

Ogni giorno posterò due domande alle quali Christophe risponderà durante la giornata.

Argomenti: attualità, media, rivoluzioni, Medio Oriente, Maghreb, drammaturgia, spettatore, nuove tecnologie e ancora piazze.

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Le rivoluzioni nel teatro |Tweet_intervista a Christophe Cotteret

di SIMONA POLVANI – lunedì 23 luglio, ore 15.17

Christophe Cotteret

In alcuni momenti sembra che non esistano. Non occupano le prime pagine dei giornali e  dei siti web, i notiziari di radio e tv, e noi ce ne dimentichiamo. Possiamo persino avere l’illusione che non siano mai esistite oppure che si siano risolte. Accade per molte vicende e sicuramente accade con i conflitti che interessano il Medio Oriente. E già in questa fase di passaggio, meno violenta, sta avvenendo con le nuove rivoluzioni nel Nord Africa, che hanno decapitato nel corso del 2011, dittature ultra decennali, archiviando figure come Ben Ali, Mubarak, Gheddafi, mentre altri venti rivoluzionari, per ora sedati, soffiano, – pensiamo al Barhain- e la Siria è spaccata, messa a ferro e fuoco nelle ultime settimane dalla lotta che contrappone i rivoluzionari o ribelli- per il regime terroristi- da una parte e l’esercito governativo di Assad dall’altra, responsabile di quello che si configura come un nuovo genocidio. Si tratta ad ogni modo di conflitti e rivoluzioni culmine e insieme innesco di dinamiche complesse, che incidono sugli equilibri politici ed economici internazionali globali, spesso ardue da decifrare e comprendere appieno per chi non viva o provenga dalla regione e ne venga a conoscenza solo attraverso i media, tra immagini scioccanti, cronache serrate di fatti che raccontano cosa succede, ma difficilmente chiariscono gli originari perché.

Un’immagine della primavera araba

Alla questione dei conflitti mediorientali, alle rivoluzioni arabe e al rapporto tra politica e immagine nella gestione del potere e nella produzione e definizione di un conflitto, si interessa da tempo Christophe Cotteret. Giovane artista francese –  è nato nel 1976 -, che si divide tra Europa, Libano e Tunisia, Cotteret si esprime attraverso il teatro, il video e il cinema, concependo come autore-regista progetti originali, che hanno come comune denominatore la cifra politico-documentaria.

Formatosi come regista presso la Scuola internazionale di Teatro di Blanche Salant e Paul Weaver a Parigi, prosegue i suoi studi sui differenti codici della recitazione, nelle arti tradizionali orientali in particolare, si perfeziona con personalità quali Ariane Mnouchkine (Théâtre du Soleil), Pei Yanling (Opera di Pechino), Sadanam Balakrishnan (International School of Kathakali – Nuova Delhi), e frequenta lo studio Merce Cunningham a New York. Nel 1998 fonda a Parigi la compagnia Arcinolether, composta da artisti francesi, belgi e libanesi, con la quale porta avanti la propria ricerca che unisce teatro, performance, installazione, con integrazione delle nuove tecnologie digitali e del video – alla cui creazione ha iniziato a dedicarsi nel 2008- in progetti rivolti al pubblico adulto, all’infanzia e all’adolescenza. Dal 2002 al 2005 ha vissuto a Beirut, dove ha insegnato didattica teatrale all’Università St-Joseph, per poi trasferirsi a Bruxelles dove attualmente risiede.   L’ultimo progetto in corso è la realizzazione del suo primo film documentario.

Immagine da Connexions di Christophe Cotteret, “L’acteur est-il un nouveau média?” (L’attore è un nuovo media?”) dallo streaming su selfword.net

Nel marzo 2011, comodamente seduta sul mio divano in Italia, assisto in streaming sulla piattaforma selfword.net a un esperimento performativo curato da Christophe Cotteret che va in scena nel bellissimo spazio teatrale del Tinel al Centre National des écritures du spectacle – La Chartreuse a Villeneuve- lez – Avignon, Francia. Lavora con i giovani allievi dell’Alta Scuola di Teatro della Svizzera Romanda – La Manufacture (La Haute Ecole de Théâtre de Suisse Romande). La performance, che non ha titolo, se non un generico connexions, indaga e prova a rispondere alla domanda “L’attore è un nuovo media?”, tema dell’omonima Sonde 03#11. Tra schermi, computer, microfoni a vista, riprese live, canti e danze, i giovani attori affrontano su un palco all’apparenza caotico vari temi dell’attualità, per risalire a questioni archetipiche – come la definizione del ribelle- , facendosi attraversare dal flusso di notizie, provando a impadronirsene, a spaccare i meccanismi subdoli della mistificazione, seminando interrogativi sul ruolo del teatro in rapporto all’immediatezza del reale.
È questo il primo incontro con la scena multimediale e multitecnologica di Cotteret di cui si intuisce la portata innovativa anche da un esperimento con dei giovani attori.

Christophe Cotteret ad APREM – photo courtesy by Alessia Contu

Secondo incontro. Cotteret fuma. Parla e fuma. Sono allergica al fumo e mi sembra quasi di sentirne l’odore. In realtà lui è a Parigi, e noi a La Fabrique de Théâtre appena fuori Mons, in Belgio, per il primo appuntamento di APREM (26-28 aprile 2012), nuovo dispositivo di sperimentazione dedicato alle scritture in mutazione. In assenza fisica, lo leggiamo su Twitter e lo vediamo in collegamento skype su uno schermo che occupa una delle pareti del palcoscenico. È appena rientrato da Tunisi. Partecipa a un dibattito con un breve contributo sul teatro politico, il suo teatro politico documentario a partire dal Projet Liban (Progetto Libano). Si tratta di un progetto teatrale pluriennale, articolato in sette Mouvements (movimenti) – ognuno uno spettacolo a sé stante – che affronta sotto diversi aspetti politico-filosofici i conflitti contemporanei in Medio Oriente. Projet Liban attraverso una singolare ricerca dal punto di vista estetico e intellettuale, porta il teatro nel territorio immediato e friabile dell’attualità, in cui raramente si avventura. Prova così ad appropriarsi delle sue icone e dei suoi meccanismi di funzionamento, per dipanarli, creando un nuova declinazione del teatro politico contemporaneo, il quale sceglie come strumento per tessere il racconto l’immagine e non il testo e sfrutta le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie digitali.

Foto di scena da “#3 Les marchands de sang- Réflexion sur le terrorisme d’état et ses outils au Moyen-Orient à partir de l’actualité 1975-1991”

Dei sette movimenti, quattro sono finora quelli realizzati, rappresentati in teatri e festival in Francia, Belgio, Libano, Egitto, Giordania, Algeria: #1 Les heures noires – Chronique désabusée du conflit israélo-libanais de l’été 2006 (Le ore nere – Cronaca disillusa del conflitto israelo-libanese dell’estate 2006) (2009);  #2 Au commencement était le Verbe – 60 ans (1947-2007) de discours au sein d’une assemblée de l’ONU reconstituée (In principio era il Verbo – 60 anni (1947-2007) di discorsi in seno all’Assemblea ricostituita dell’ONU), in cui vengono ricostruite le tappe successive dei conflitti arabo-israeliano e interarabi dal voto del piano di spartizione della Palestina nel 1947 all’ONU fino ai nostri giorni (2009); #3 Les marchands de sang – Réflexion sur le terrorisme d’état et ses outils au Moyen-Orient à partir de l’actualité 1975-1991 (I mercanti di sangue – Riflessione sul terrorismo di stato e sui suoi strumenti in Medio-Oriente a partire dall’attualità 1975-1991) (2009). Il #4 Ahlan wa Sahlan (bienvenue) [Ahlan wa Sahlan (benvenuto)] avrebbe dovuto essere dedicato al Libano e alla rivoluzione del Cedro, ma quando viene creato, nei primi mesi del 2011, l’attualità della primavera araba si impone, proponendo a Cotteret una sfida ancora più interessante: può il teatro appropriarsi delle rivoluzioni in corso?
I Mouvements successivi, dai titoli evocativi, sono: #5 Inter arma silent musae – Réflexion sur le présumé choc des identités et des civilisations (Riflessione sul presunto scontro tra le identità e le civiltà) ; #6 La mort n’éblouit pas les yeux des partisans – Réflexion sur l’utilisation des combattants à des fins partisanes (La morte non abbaglia gli occhi dei partigiani – Riflessione sull’uso dei cambattenti per fini partigiani); #7 Les noces de Cana – Le cercle de la violence et la récurrence des évènements (Le nozze di Cana – Il cerchio della violenza e la ricorrenza degli eventi).

Foto di scena da “#02 Au commencement était le Verbe – 60 ans (1947-2007) de discours au sein d’une assemblée de l’ONU reconstituée”

Incontro Cotteret. infine in carne ed ossa, in un piccolo caffè-bistrot nel Marais, a Parigi, lo scorso maggio. È in fase di montaggio del suo primo lungometraggio documentario sulla rivoluzione tunisina, intitolato Démocratie Année Zéro (Democrazia Anno Zero). Ha vissuto un anno a Tunisi a contatto con i rivoluzionari, nella fase di transizione verso un nuovo ordinamento politico democratico. Ci raggiunge il suo amico Jérôme Heurtaux, giovane docente di scienze politiche all’Università Paris-Dauphine a Parigi e a Tunisi, esperto in transizioni democratiche e cambiamenti di regime, il quale sta scrivendo un volume sulla rivoluzione tunisina dal punto di vista invece degli ex esponenti governativi. La discussione è feconda. Ho quasi la certezza di aver appreso più in quella sola ora di ascolto e domande che dalle notizie dei media nel corso del 2011. Sul minuscolo tavolino rotondo a cui siamo quasi aggrappati nella notte parigina sento il riverbero delle voci di uomini e donne, portatori di diverse istanze, che Cotteret e Heurtaux hanno incontrato. Si mescolano i loro differenti sguardi e sensibilità. Si concretizzano le parole arabi, musulmani, gelsomini, lotta rivoluzonaria, democrazie, liberate dall’opacità di molti luoghi comuni.

Schermata dell’account Twitter di Christophe Cotteret

La Tweet_intervista con le potenzialità e i limiti del suo formato, la fragilità del flusso in cui si è presi, la temporalità che implica, prova a esplorare le dinamiche del comunicare di un medium che si è rivelato potente ed efficace come Twitter, anche nelle recenti rivoluzioni democratiche.

Con Christophe Cotteret cercheremo di addentrarci nel suo teatro e cinema politico documentario, nei suoi esiti e implicazioni, avendo come fari le parole, attualità, immagine, media, social network, rivoluzione, Medio Oriente, Maghreb, drammaturgia, spettatore, nuove tecnologie e ancora piazze.
L’appuntamento con Christophe Cotteret è sulla piattaforma Twitter per una Tweet-intervista in 10 domande e relative risposte in cinque giorni da lunedì 23 a venerdì 27 luglio.
Seguiteci!
Istruzioni per seguire l’intervista
1. Se non lo avete già, dovete crearvi un account su twitter.com
2. Diventate follower di Simona Polvani (http://twitter.com/simonapolvani) e Christophe Cotteret (https://twitter.com/cotteretchris)
3.  Siete invitati a connettervi ogni giorno, o comunque nel modo più regolare possibile. Per cinque giorni (dal 23 al 27 luglio), Simona Polvani pubblicherà sulla sua pagina Twitter due domande per Christophe Cotteret, che risponderà il giorno stesso dalla sua pagina. L’hashtag è #TwInt. L’intervista sarà in italiano e francese. Simona Polvani tradurrà domande e risposte e le ri-twitterà sulla sua pagina.
4. Prontuario di decriptaggio:

  • ogni domanda di Simona Polvani sarà costituita da un solo Tweet e sarà preceduta dalla lettera D (Q come Question, domanda, nella versione francese) seguita dal numero relativo alla domanda (es: D1 (Q1 in francese) indica la prima domanda, D2 (Q2 in francese) la seconda e così via)
  • ogni risposta di Christophe Cotteret potrà essere costituita da più Tweet e sarà preceduta dalla lettera R seguita dal numero relativo alla risposta e dal numero relativo al Tweet ( es: R1/1 indica il primo Tweet di risposta alla domanda D1, R1/2 indica il secondo Tweet di risposta alla domanda D1, e così via…)
  • l’ultimoTweet di risposta contiene alla fine la lettera F

di SIMONA POLVANI – giovedì 19 luglio 2012, ore 14.06

Rodolfo Sacchettini, photo courtesy by Ilaria Scarpa

“Un giovane uomo fatto di teatro e per il teatro”. Così si può definire Rodolfo Sacchettini, neo presidente dellAssociazione Teatrale Pistoiese, in possesso di un curriculum, per la sua età – trentuno anni – di notevole spessore. Critico teatrale, docente universitario, curatore e conduttore di una rubrica radiofonica teatrale su Radio Toscana Classica, autore di volumi, organizzatore, attualmente condirettore artistico del Santarcangelo Festival, il festival dedicato al teatro di ricerca più longevo d’Italia.
Lo incontriamo a Santarcangelo, curiosi di capire sotto quale segno sarà la sua presidenza.

Presidente dell’Associazione Teatrale Pistoiese, una delle reti teatrali toscane più importanti e attive. Come intende il suo ruolo?
Dal 2000 ad oggi mi sono occupato di teatro da vari punti di vista, partendo dalla critica, con la scrittura, l’osservazione, lo scavo. A questi ho però sin dall’inizio voluto affiancare un lavoro attivo, organizzando e progettando, credendo nella costruzione concreta di contesti. Adesso mi trovo a ricoprire un ruolo inedito, di cui sono molto onorato, consapevole del suo prestigio. Indubbiamente si tratta di una funzione più istituzionale, meno concreta e pratica rispetto alle mie precedenti. Il presidente ha tuttavia un ruolo fondamentale: indicare le linee guida dell’attività dell’Associazione Teatrale Pistoiese, ossia dare una visione al progetto. È un’avventura a cui spero di poter contribuire con ciò che so, consapevole già che imparerò molto.

Lei è un critico teatrale. In cosa questa specificità potrà giocare un ruolo nella direzione dell’ATP?
Credo si tratti del modo di vedere le cose. È un momento in cui tutti dicono che è un grande periodo di crisi, ma la crisi si può vivere e interpretare in tanti modi diversi. Da essa si possono creare movimenti sorprendenti, inattesi. Il mio ruolo sarà allora quello di leggere i cambiamenti e interpretarli nel modo più vitale possibile, contribuendo con il mio approccio da critico a portare uno sguardo diverso, che sia all’altezza dei cambiamenti facendo però umilmente cose concrete. Il teatro è un luogo di cultura attiva. Penso sia importante tornare a pensarlo con un pizzico di utopia, riscoprendo quell’elemento antico, antropologico che lo connota dall’inizio della sua storia: essere un luogo in cui si ci riunisce e vorremmo che accadesse qualcosa. Nel teatro, anche oggi, la polis come comunità può ritrovarsi, per essere un’assemblea e condividere un’esperienza.

L’ATP ha una stagione fondata su spettacoli di prosa cosiddetti classici. Sono rari gli spazi dati a ciò che di più nuovo e giovane anima la scena teatrale contemporanea. Prevede continuità o discontinuità in questo senso?
È iniziata una fase di ascolto e osservazione per capire il territorio pistoiese, che come ogni territorio ha la propria identità e le proprie storie. Riguardo alle scelte sulla direzione da prendere rispetto ai generi teatrali, secondo le definizioni a volte discutibili di prosa, teatro contemporaneo, teatro di ricerca, ci sarà tempo per capirle.
Il teatro è da sempre uno e plurale. La questione dei generi è importante, ma è fondamentale ritrovare il piacere degli accostamenti inediti, e apparentemente improbabili, ibridare, consapevoli che il teatro è un’arte impura, dalle mille porte in cui entrare e uscire, non a caso è diventato nel tempo un crogiuolo di esperienze artistiche diverse. Possiamo partire da Pistoia e dalla sua provincia per ridisegnare e arricchire la mappa della città, ridare energia, facendosi forti di ciò che già esiste in potenza, inventando nuove relazioni e incrementando quelle che già sussistono. In prospettiva una delle priorità in questo senso è rimettere in funzione la Saletta Gramsci, spazio dal passato glorioso, dove negli anni ’80 è andato in scena del teatro straordinario. È evidente che la riapertura comporta tempi non brevi, poiché si parla di ristrutturazione e messa in sicurezza.

L’ATP da sempre svolge attività rivolte ai bambini e adolescenti. Tuttavia si ha ancora l’impressione che molti giovani siano diffidenti nei confronti del teatro. Come si pone di fronte a questa problematica?
Credo che il rapporto teatro-giovani sia biunivoco. C’è una questione ben nota legata al teatro ragazzi, che è un teatro importante, ma considerato spesso un servizio. Il teatro per i ragazzi e con i ragazzi è fondamentale perché ha ricadute sociali determinanti. Nei prossimi anni, tuttavia, vorrei provare a introdurre un ulteriore punto di vista: non sono infatti solo i ragazzi ad avere bisogno del teatro, ma è il teatro stesso ad aver bisogno dei bambini e dei ragazzi, in un rapporto profondo con l’infanzia. Vogliamo ritrovare l’infanzia del teatro, pensiamo anche solo a tutto ciò che è l’invisibile, al valore dell’immaginazione, per poter rigenerare il teatro stesso.

Per concludere, ha un ricordo teatrale legato a Pistoia?
Certo. M sembra risalire a molto tempo fa, anche se in effetti è meno lontano di quanto si possa pensare. Era il 2004 e riguarda il festival Fucine Tillanza, organizzato da alcuni cari amici, che mi invitarono a intervenire nella programmazione teatrale. Scelsi “Tragos” della compagnia “I sacchi di sabbia” e “Zero spaccato” di Leonardo Capuano, due spettacoli cosiddetti di ricerca, molto comunicativi, che si tennero proprio alla Saletta Gramsci. Fu un’esperienza molto bella.

[versione integrale dell’articolo pubblicato su Il Tirreno, lunedì 16 luglio 2012]

di SIMONA POLVANI – venerdì 13 luglio 2012, ore 16.27

Dalla Tweet_intervista – Tweet di domanda D1 e primo Tweet di risposta R1/1

Dall11 al 15 giugno scorso Silvia Bottiroli, tramite l’account di Santarcangelo Festival, di cui è direttrice artistica, ha risposto a dieci domande, due al giorno, più una undicesima extra, in forma di Tweet.
I temi trattati hanno spaziato dalle qualità del buon curatore artistico al valore del lavorare in team,  passando per le esperienze divergenti e similari di Marco Baliani e del Théâtre du Soleil, l’identità e il valore del gesto teatrale, con citazioni godardiane, la programmazione al tempo della crisi, tecnologia & teatro, per giungere a uno sguardo sul denso programma del Santarcangelo Festival, che inizia oggi (13 -22 luglio), con il suo teatro nelle piazze e gli omaggi all’insuperabile John Cage e salutarci con qualche libera associazione.

Silvia Bottiroli, nella sintesi di un tweet di solo testo, dalle parole suggestivamente evocative, oppure arricchito da link di video o foto, dipana un discorso radicato in una fertile cultura critica, leggero e deciso, disegnando prospettive in cui la capacità di sogni e visioni si coniuga con il fare concreto.
Alcune risposte hanno sollecitato followers al dialogo, che si è così allargato in alcuni momenti al di là dell’intervista ed è diventato a “più voci”.
Chi non avesse potuto seguire allora la nostra intervista sulla piattaforma Twitter potrà trovarla ora trascritta in versione completa, sia nell’originale italiano che nella versione in francese (twittata in due giornate, il 15 e il 27 giugno), nella pagina Twitter-Interviste/ Silvia Bottiroli. Sempre in forma di Tweet!
Buona lettura!

 

A mezzanotte in punto
ti do un bacio
di medusa

D’acqua ti cingo,
ti avviluppo.
Con impalpabili, lunghe
lingue
ti lecco, ti
succhio, ti bevo –

carne docile ai denti. Mare in sommossa

Simona Polvani