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Archivio mensile:giugno 2012

Il prossimo 30 giugno presento a Nottilucente, nella cornice senza tempo di San Gimignano, la mia prima video installazione, “In apparenza”, realizzata in collaborazione con Federico Fiori e Francesca Lenzi.

In apparenza / primo verso

 

In apparenza è un moto a luogo. Coglie il momento di passaggio in cui qualcosa che già è, traspare, appare, arriva alla luce. Qualcosa che non brilla sotto gli occhi del sole, per quanto esso già sia e viva, sulla pietra, su un muro. Per fare un patto con i nostri occhi attende che la luce abbandoni il giorno e la notte cali. Sorge allora lentamente e si dà alla nostra vista, perché essa possa toccarlo, accarezzarlo, divorarlo.

In apparenza è un viaggio, da un bozzo di crisalide alla trasparenza e la vitalità del buio, evocando un Tu necessario a un Io. I viaggi, come le parole, talvolta, hanno bisogno di dita che li liberino.
La video-installazione, unendo una piccola_forma poetica e una proiezione video, crea un dispositivo di scrittura o apparizione testuale che funziona in base all’intensità della luce ambientale. Dalle 18 del pomeriggio, su una parete esterna del Duomo di San Gimignano, ora dopo ora, rigo dopo rigo, un testo si scriverà, per poi di nuovo scomparire nella notte, senza però cessare di essere. In apparenza riflette sulle condizioni fragili dell’esistere e sul tempo.

 

IN APPARENZA
video-installazione a cura di Simona Polvani
in collaborazione con Federico Fiori e Francesca Lenzi

Nottilucente viaggio dal tramonto all’alba
30 giugno 2012, Piazza delle Erbe, San Gimignano
ore 18 – 01.00 – ingresso libero


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A Nottilucente prenderò parte anche a PRIMA DI PARTIRE: Dialoghi all’aperto (ore 19.00 – 21.00, Piazza delle Erbe – ingresso libero). Con lo spirito di quando nei paesi era normale prendere una sedia e mettersi davanti alla porta di casa e raccontarsi storie a veglia, artisti, curatori, registi, scrittori e musicisti di Nottilucente, converseranno insieme agli abitanti sul tema del viaggio e sul proprio percorso creativo e poetico.
I dialoghi all’aperto, grazie a una vera mobilia domestica prestata per una sera dalle case dei sangimignanesi ed allestita “ad arte” da Alessio Bogani, evocheranno un’atmosfera antica e cordiale  in cui si potrà parlare di sé davanti a un buon bicchiere di Vernaccia. In collaborazione con Slow Food, Ass. ProverBio e A.U.S.E.R.

Siederò al tavolo con Azzurra D’agostino (poetessa e critica teatrale), Luca Mori (filofoso) e Massimo Paganelli (curatore e co-direttore artistico del festival Collinarea) e parlerò di viaggi, traduzioni e confini di lingue da attraversare, Agliana – Phnom Penh – (Miami) – Roma – Parigi – Mosca, drammaturgie.

Ci vediamo a Nottilucente?

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di SIMONA POLVANI – martedì 26 giugno 2012, ore 16.30

locandina Impatience

Ci sono titoli suggestivi e Impatience (Impazienza), coniato da Olivier Py per il proprio festival parigino dedicato alle compagnie giovani riesce sicuramente a cogliere quella urgenza giovanile di essere che è alla base di ogni atto creativo.
La quarta edizione del festival organizzata dallOdéon-Théâtre de l’Europe, dal Centquatre e da Télérama, in collaborazione con France Inter è andata in scena dal 9 al 14 maggio in tre  spazi teatrali situati in altrettanti quartieri di Parigi, a disegnare un triangolo ideale che ha unito il molto classico teatro all’italiana dell’Odéon-Théatre de l’Europe nel Quartier Latin, col moderno Atelier Berthier, periferia nord-ovest della città – nella sua vita passata vecchio magazzino per scenografie- e col Centquatre, periferia nord-est, caso estremo di riconversione, trasformato da sede del Servizio Comunale di Pompe Funebri (1905 -1998) in affascinante e smisurato centro culturale multidisciplinare. Un triangolo ideale con un obiettivo programmatico molto concreto: riuscire a coinvolgere pubblici tra loro lontani, geograficamente e socialmente.
Il programma articolato in sei spettacoli – per ognuno dalle due alle quattro repliche -, tutte creazioni compiute e non primi o secondi studi, scelta precisa e condivisibile del festival, ha offerto un’istantanea sulla creazione contemporanea di compagnie emergenti made in Francia, Belgio e Germania. Dalla visione d’insieme è emersa da una parte la varietà delle attrazioni verso temi e nuove forme di messa in scena, dall’altra la presenza di alcuni elementi ricorrenti, tra i quali la costruzione drammaturgica per frammenti; il tentativo di inglobare sempre più il pubblico nello spettacolo, interpellandolo in modo frontale con la modalità del racconto o del dialogo, vero o fittizio che sia, la polifonia dei linguaggi, una diffusa performatività attoriale.
A differenza di molti festival teatrali, Impatience è anche un concorso: in palio l’assegnazione del Premio Odéon-Télérama-Centquatre per il migliore spettacolo, conferito da una giuria di personalità del mondo teatrale, e il Premio del Pubblico, assegnato dagli spettatori che abbiano potuto assistere a tutti gli spettacoli.
Entrando nel merito dei singoli spettacoli, iniziamo proprio con il vincitore del festival. Critica e pubblico si sono trovati unanimi nell’assegnare entrambi i premi a Le signal du Promeneur, del belga Raoul Collectif, andato in scena all’Atelier Berthier. Promeneur: è attraverso l’azione del camminare in solitudine  che si raggiunge, secondo Rousseau, quel pensiero liberato che permette di cercare se stessi. Cinque sono i talentuosi performer del Raoul Collectif che danno vita ad altrettanti promeneurs realmente esistiti: il mitomane e familicida Jean-Claude Romand, Frizt Zorn autore del romanzo Marte, Christopher Mc Candless, la cui storia è nota ai più grazie al film Into the Wild, uno scienziato, con cui il Collectif è in contatto, che da ben trentadue anni sta cercando nelle foreste del Messico un esemplare vivo di pterodattilo e Mike Horn, avventuriero dei nostri tempi, con i suoi 40.000 km percorsi dall’Equatore verso l’Oceano Pacifico. Le loro biografie distillate diventano la materia organica intorno a cui si sviluppa la drammaturgia, in una narrazione non lineare in cui si passa senza soluzione di continuità e attraverso gli espedienti più improbabili e surreali, ma sempre nell’economia di uno spazio ampiamente svuotato, nell’uso di elementi scenici come allusioni e citazioni, da un personaggio all’altro, da un paesaggio all’altro, immersi nella natura profonda, chiusi in una cameretta angusta, come nell’ufficialità pomposa di un’aula di tribunale. La parola sempre politica e in qualche modo eversiva, disarmante, allarmante, ecologica è sostenuta e dissacrata dal canto, spesso a cappella e dall’uso di strumenti musicali, integrati in un meccanismo ritmato di azioni sceniche rocambolesche, dal gesto umoristicamente enfatico, che mettono in rilievo i talenti del collettivo. Forse alcuni passaggi non sono ancora del tutto risolti, ma il Raoul Collectif è già una potenzialità espressa.
Sempre nel parallelepipedo nudo e nero dell’Atelier Berthier è andato in scena Invasion!, dell’autore svedese Jonas Hossen Khemiri, regia di Antù Romero Nunes per il Thalia Theater di Amburgo. La ficcante pièce di Khemiri è un congegno drammaturgico audace, polifonico, parossistico. Attraverso l’inseguimento della parola Abulkasem, che passando di bocca in bocca muta, alimenta fantasie fino ad incarnarsi in un leggendario e potente terrorista arabo, la pièce mette in luce parodisticamente il meccanismo di generazione dei luoghi comuni e del pregiudizio. Nonostante alcuni snodi rischino un’eccessiva casualità, la fluidità della recitazione di scuola tedesca, il dispositivo narrativo, l’uso originale di alcuni oggetti, da una macchina del vento alle maschere, intermezzi musicali-danzati su una colonna sonora che va dagli Abba a creazioni elettroniche, conferiscono allo spettacolo una vivacità e freschezza originali.
Il Collectif De Quark ci offre la soddisfazione di vedere in scena al Teatro 6 del Centquatre La festa di Spiro Scimone (La fête in francese), che allude all’anniversario per i trent’anni di matrimonio di una coppia che vive con il figlio adulto. De Quark propone una scelta stilistica di fondo insolita: il ruolo della madre, la manipolatrice, recitato, quelli maschili, dei manipolati, letti libro alla mano, trasmettendo senso del controllo, instabilità e autenticità. Da un’atmosfera quasi da mise en espace la scena si trasforma prima in un set televisivo, riducendo e aprendo l’immaginario attraverso la duplicazione dell’immagine dei volti -maschera degli attori su due televisori in proscenio, in sala da ballo (le luci di una palla stroboscopica fanno brillare palco e platea), infine in un paesaggio da spaghetti western: in una vita scandita dal ritmo degli spot, per annunciare la morte del figlio non ci sono più parole ma fumetti.
L’Italia è di nuovo presente nel titolo e all’interno dello spettacolo, sotto forma di due celebri brani di Tenco eseguiti dal vivo, nella riscrittura della Medea dell’autore fiammingo Tom Lanoye, Mamma Medea, regia di Christophe Sermet, all’Odéon. Uno spettacolo appassionato, che contrappone da subito il nerbo viscerale di una robusta Medea e della sua famiglia di barbari (a tratti dolci e sensibili) alla leggerezza dandy del civilizzato, bello e sottile Giasone, le ragioni dei quali siamo chiamati di volta in volta ad abbracciare, quasi arbitri involontari di una coppia di vicini troppo litigiosa. Mentre nel primo atto l’ironia e l’energia tengono alto il ritmo dello spettacolo, il secondo scade in una prolissità e in un patetismo eccessivi. Il finale è comunque drammaticamente inedito: in questa storia di incomprensioni e nevrosi contemporanee, infanticidi sono entrambi i genitori.
All’amore tradito è dedicato anche Partage de midi di Paul Claudel, regia di Jean-Christophe Blondel, secondo spettacolo in scena all’Odéon. L’attenzione tutta estetica alla scena, con un chiaro astrattismo simbolico, è interessante. La regia tuttavia non sembra aprire alcuna nuova e attuale chiave di lettura di questo testo, forse datato, di Claudel, che concepisce l’amore come un triangolo tra uomo, donna e Dio, lacerato, e nel suo potere salvifico infine distruttivo. Dello spettacolo rimane però una delle immagini più belle del festival: Nicolas Vial onda sinuosa languidamente strisciante sul palco nella scena della nuotata, oltre alla rarità della musica suggestiva di Wu Na eseguita sul palco.
In chiusura di questa panoramica su Impatience, lo spettacolo che ha catturato il mio voto di spettatrice: Embrassez-les tous dell’autrice Barbara M. Chastanier, regia di Keti Irubetagoyena. Il testo mette in scena in alternanza le sedute psicanalitiche di una ragazza in cerca della propria memoria infantile, che svolge ricerche scientifiche sui bulbi olfattivi dei polli, un ragazzo che lavora in un’azienda che i polli li alleva e uccide, la di lui madre alle prese con una gravidanza senza padre, un giovane a guardia di un muro che divide un di qua e un di là. In scena un divano, un’installazione di polli di plastica luminosi, un’attrice (la madre, il ragazzo del muro), un attore (la ragazza, il figlio), una voce off che ci porta da una storia all’altra. Il testo cinico e laconico, la partitura drammaturgica, con le didascalie integrate nell’azione – l’interprete recita dicendo le didascalie-, la qualità della performance attoriale, con veloci entrate e uscite a vista dai ruoli e una grottesca naturalezza espressiva ci restituiscono l’ansia di un tempo che ci sfugge, che è andato perduto, esploso in fatti terribili – lo scenario sotteso è quello del conflitto israelo-palestinese – di cui non abbiamo memoria, ma ne sentiamo il vuoto, in cui barriere sono state erette tra geografie fisiche, sociali, psichiche.
Avendo attraversato i luoghi del festival, non posso dire se l’auspicio di coinvolgere vari pubblici sia stato esaudito. Posso tuttavia condividere la gioia di aver visto sale esaurite (strapiene).

[versione integrale dell’articolo pubblicato su Quaderni del Teatro di Roma n°7 – Estate 2012]

Cover Quaderni del Teatro di Roma n°7 – Estate 2012

 

 

Braccia bocche schiene
capelli trattenuti
culi tesi
abiti rivoltati
passi a singhiozzo
teste rovesciate
La tua barba

Solo all’indietro ho potuto percorrere
il periplo del castello

Affondando nell’odore inebriante
di gelsomino, mi sono graffiata
tra i sassi, con la mente finalmente
felice per la parola morta-
ritrovata nel buio accecante
risucchiata solo nel tuo sentire

Tra le tue mani impigliata, sono alga, anemone, corallo

Simona Polvani

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Silvia Bottiroli, giovane studiosa, curatrice, organizzatrice teatrale e docente universitaria, dal novembre 2011 è direttrice artistica del Santarcangelo Festival che, prossimo all’inaugurazione – 13-22 luglio 2012 le sue date –  diventa con lei Santarcangelo •12 •13 •14 Festival Internazionale del Teatro in Piazza.
Autrice di monografie sul drammaturgo e regista italiano Marco Baliani così come sull’ensemble francese Théâtre du Soleil, ha collaborato con le massime istituzioni del teatro italiano e fatto parte di reti internazionali. Ha lavorato con la Socìetas Raffaello Sanzio e curato le produzioni di Chiara Guidi.

Ci siamo date appuntamento su Twitter per una Tweet-intervista in dieci domande in cinque giorni, da lunedì 11 a venerdì 15 giugno 2012.
Ogni mattina posterò due domande alle quali Silvia risponderà durante la giornata.
Argomenti: performing arts, Théâtre du Soleil, drammaturgie italiane, utopie, comunità, piazze, Santarcangelo Festival.
Seguici su Twitter! Il nostro hashtag è #TwInt
Continua a leggere.

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Martedì 5 giugno, nell’ambito della manifestazione Spoleto verso il Fringe (4-5 giugno 2012, Spoleto), parteciperò al simposio Critica è comunicazione? La critica teatrale ai tempi di twitter e facebook.

Moderato da Gianfranco Capitta (critico teatrale del Manifesto), l’incontro sarà un’occasione di confronto fra i critici delle più autorevoli testate italiane e i giovani giornalisti che negli ultimi anni hanno dato vita a un rilevante fermento online. Parteciperanno fra gli altri Moreno Cerquetelli (Rai), Paolo Petroni (Ansa e Corriere della Sera), Simone Pacini (Fattiditeatro), Daniela Arcudi (Krapp’s Last Post), Tommaso Chimenti (Scanner e Corrierenazionale), Gabriele Rizza (Il manifesto), Camilla Toso (Il Tamburo di Kattrin).

L’incontro si terrà alle ore 10 al Cantiere Oberdan, Piazza San Gabriele dell’Addolorata (Piazzetta
dell’Erba, lato sinistro Chiesa Madonna della Piaggia).

Il simposio aprirà la seconda giornata di lavori di Spoleto verso il Fringe, due giorni di incontri, convegni e scambi rivolti al pubblico e agli artisti italiani, organizzati dal Comune di Spoleto e da LaMama Umbria International, durante i quali Kath M. Mainland direttrice del Fringe di Edimburgo presenterà il festival all’Italia attraverso l’atteso Roadshow (4 giugno, 16.30, Complesso Monumentale San Nicolò) e sarà lanciata la quarta edizione del LaMama Spoleto Open, evento in collaborazione con il Festival dei 2Mondi (conferenza stampa il 5 giugno, ore 12.30, Cantiere Oberdan), realizzato con il patrocinio artistico del Teatro La Mama ETC di New York, e dedicato ad Ellen Stewart. Il 4 giugno la manifestazione sarà aperta dal convegno L’arte dei luoghi: come la cultura valorizza i territori (ore 10-16, Complesso Monumentale di San Nicolò).

Per maggiori info sul programma: http://www.lamamaspoletopen.net/wp-content/uploads/2012/05/Spoleto-verso-il-fringe-4-e-5-giugno-2012.pdf