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Archivio mensile:Maggio 2012

di SIMONA POLVANI – sabato 26 maggio 2012, ore 16.55

ImageLa trasposizione di un’opera letteraria in forma teatrale o cinematografica è sempre un’operazione complessa. Trattandosi di tradurre da un linguaggio ad un altro linguaggio artistico, si ripropone anche per essa il dilemma che vale per ogni traduzione: quanto essa sia fedele (o infedele) rispetto all’originale, ossia in che misura sia in grado di restituirlo e ricrearlo. Ogni trasposizione può tuttavia sottrarsi all’equivalenza e rivendicare una totale autonomia; può ambire in un certo modo ad essere valutata per quanto esprime artisticamente a prescindere dalla sua fonte ispiratrice.
Sono queste le linee direttrici di giudizio con le quali ho affrontato la visione dell’opera teatrale I fratelli Karamazov dal romanzo omonimo di Fëdor Dostoevskij, drammaturgia di Roberta Arcelloni e di Guido De Monticelli, che ne firma anche la regia.
Lo spettacolo, co-produzione del Teatro Stabile della Sardegna e del Teatro Metastasio Stabile della Toscana, è stato presentato in anteprima al Teatro Massimo di Cagliari nell’ambito del I° Festival di filosofia in Sardegna intitolato “La legge la libertà la grazia” curato dai filosofi Roberta De Monticelli e Pier Luigi Lecis.
I fratelli Karamazov, ultimo romanzo dell’autore russo, terminato poco prima di morire nel 1881, come molti altri suoi capolavori, pensiamo all’Idiota o ai Demoni, è un’imponente opera letteraria dalle implicazioni filosofiche per le questioni che pone al proprio centro. L’uomo da una parte deve rapportare la propria dimensione individuale alle dinamiche della società, con l’ordine di valori e le leggi che la reggono, dall’altra non può sfuggire al confronto con una possibile, ma indimostrabile, visione escatologica che implicherebbe una vita ultraterrena, affermata dalla religione cristiana. Da qui la derivazione dei concetti di peccato, innocenza, giustizia, felicità, destino e libero arbitrio, declinati in varie forme spesso antitetiche a seconda che si accetti o si rifiuti l’esistenza di Dio, si sia in possesso o meno della fede e di come la si viva. I personaggi del romanzo, lacerati dai dilemmi della propria coscienza, sono avvincenti, poiché capaci per la profondità di cui li dota l’autore di sentire interamente e di relazionarsi gli uni agli altri con una cifra in cui la ragione mai fa pace con il sentimento e l’animo è comunque combattuto.

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Quando entriamo in platea, vediamo una scena in penombra quasi completamente vuota. Su tre lati si ergono tavole di legno scuro quasi frastagliate, o spezzate – solo alcune sul fondo della scena – a disegnare un ambiente chiuso, evitando tuttavia l’effetto mura.
Dalla parete di sinistra si allunga sul palcoscenico un segmento, un tavolo, elemento che scomparirà e apparirà, si trasformerà più volte durante la messinscena anche in modo inaspettato (un altare-catafalco con luminarie ad esempio). Attorno ad esso sono seduti tre dei quattro Karamazov, il padre Fëdor Pavlovič (Mauro Malinverno), credente per interesse, i figli Ivan (Corrado Giannetti), che nega l’esistenza di Dio, e Alëša (Francesco Borchi), novizio presso il monastero retto dallo Stàrec Zosìma (Paolo Meloni). “Dio c’è o non c’è?”: questo l’argomento su cui dibattono sorseggiando alcolici, domanda che attraversa l’intero spettacolo, coinvolgendo molti dei personaggi, in un dialogo – che vorrebbe essere maieutico –  per tesi da sposare o confutare. “Non c’è virtù se non c’è immortalità; se Dio non c’è, non c’è bisogno di virtù”: sarà così che il figlio illegittimo e servo Smerdjakòv (Luigi Tontarelli) giustificherà l’assassinio di Karamazov padre, senza necessità di assumersene la responsabilità, che ricadrà invece sul fratellastro Dmitrij (Fabio Mascagni). “Più riuscirete ad amare, più vi convincerete dell’esistenza di Dio e dell’immortalità”, sostiene lo Stàrec Zosima dialogando con la signora Chochlakov (Maria Grazia Sughi) in una delle scene più interessanti e compiute dello spettacolo. L’amore attivo, gratuito e fattivo, professato dallo Stàrec si contrappone all’amore del sognatore, difeso con un certo cipiglio dalla signora Chochlakov, ossia a quella forma di amore narcisistico che pretende di essere immediatamente pagato con la moneta sonante della riconoscenza: come avviene a teatro – dice padre Zosima- in cui si recita per ricevere gli applausi.

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Se la tensione dei protagonisti verso tematiche metafisiche è il fil rouge, ad esso si intrecciano altri fili drammatici più terreni, l’amore e il denaro. Il primo assume vari volti: lussurioso in Fëdor Pavlovič e Dmitrij, che si contendono entrambi la navigata Grušenka (Valentina Banci); devoto e non ricambiato di Ivan per Katerina Ivanovna (Elisa Cecilia Langone), fidanzata tradita di Dmitrij; vendicativo e manipolatorio di Katerina per Dmitrij (la virtù della ragazza ostentata come il suo enorme colletto di pizzo bianco sull’austero abito nero); acerbo, imbronciato e giocoso di Alëša per la giovane Lise (Silvia Piovan). La brama e il potere del denaro, con cui si comprano le persone al pari degli oggetti, è il motore di molte delle vicende e spesso si incrocia con l’onore: dal fidanzamento di Dmitrij con Katerina al legame interessato di Grušenka con i Karamazov, alla vicenda dell’offesa inflitta da Dmitrij al padre del piccolo Iljuša, un vecchio capitano (Cesare Saliu), che rifiuta però di essere risarcito, o meglio comprato, con il denaro offerto da Katerina tramite Alëša – altra scena non priva di interesse-. “E’ vero che i ricchi sono i più forti a questo mondo?”, chiede il piccolo Iljuša al padre che gli risponde “Sì, è vero”, “Allora io diventerò ricco” conclude il ragazzo. Tema che a distanza di oltre un secolo non è certo di minore e bruciante attualità nella nostra società odierna.

Se volessimo giudicare lo spettacolo dalla capacità di dare una sintesi del romanzo, potremmo dire di aver ritrovato la trama e le sue articolazioni dominanti. Tuttavia, proprio il testo drammaturgico, nella sua volontà di sintetizzare le questioni filosofiche, e la regia, improntata nel primo atto a un certo naturalismo, contaminato nel secondo da alcune trovate surrealistiche, senza troppa continuità, non sembrano rendere lo spirito profondo dell’opera e dei suoi personaggi.
Al di là delle qualità attoriali indubbiamente espresse dalla maggior parte degli interpreti, a causa di un’eccessiva verbosità statica e caratterizzazione dovuta all’impostazione registica, difettano di quella tridimensionalità, con rotondità e spigolosità, di cui al contrario erano dotati sulla carta.

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Anche volendo prescindere dal romanzo, e guardando allo spettacolo come opera artistica autonoma, assistiamo a una messa in scena di idee, con preminenza della dimensione della parola, senza riuscire a trovare visivamente, salvo alcune eccezioni, l’azione scenica, la materia emotiva, il corpo vivo che proprio perché trascende il mero discorso è capace di veicolare e illuminare il pensiero. La sottile comicità che attraversa tutta l’opera, con virate nel grottesco (nelle scene di Fëdor Pavlovič fantasma-diavolo-incubo o in quelle di padre Zosima cadavere che parla di se stesso), se in parte può essere strumento utile per favorire la comunicabilità di argomenti complessi e infondere nerbo allo spettacolo, rischia a volte di confonderne i segni.
I personaggi, tutti a loro modo sopra le righe, sembrano spesso imprigionati, figure un po’ impolverate di ciò che avrebbero potuto essere. Quando, invece, come nella scena del bacio tra Alëša e Lise sul girello, accade che si sciolgano, per un movimento innaturale ricercato e infine trovato, scorgiamo un baluginio di grazia.
Alla fine dello spettacolo, quando Alëša inizia a leggere l’ultima pagina del romanzo, in cui si fa riferimento al funerale del piccolo Iljuša,  tutti gli attori entrano in scena e si siedono come ad ascoltare. Ed è questa l’impressione finale che rimane, di uno spettacolo dell’ascolto più che della visione.

I FRATELLI KARAMAZOV
da FËDOR DOSTOEVSKIJ
drammaturgia Roberta Arcelloni e Guido De Monticelli

regia Guido De Monticelli
scene Lorenzo Banci
costumi Zaira De Vincentiis
musiche Mario Borciani
regista assistente Rosalba Ziccheddu

con Valentina Banci, Francesco Borchi, Daniel Dwerryhouse, Corrado Giannetti, Elisa Cecilia Langone, Mauro Malinverno, Fabio Mascagni, Paolo Meloni, Silvia Piovan, Cesare Saliu, Maria Grazia Sughi, Luigi Tontoranelli

Visto al Teatro Metastasio, Prato, l’11 aprile 2012

Secondo appuntamento a Pistoia per Seminamenti| Incontro all’autore con il drammaturgo Stefano Massini

di SIMONA POLVANI – Lunedì 21 maggio ore 17.18

Nel mese di aprile è iniziata a Pistoia la   rassegna Seminamenti – Incontro all’autore, dedicata alla scrittura letteraria e teatrale attraverso incontri con autori delle nuove generazioni, già rilevanti nel panorama nazionale e internazionale per l’autenticità e la qualità della loro espressione artistica.
L’iniziativa, di cui sono curatrice, è promossa e organizzata dalla Fondazione Banche di Pistoia e Vignole per la Cultura e lo Sport.

Quattro gli incontri in programma, tra primavera e autunno.
Ognuno di essi si articola in due momenti: uno indirizzato a tutto il pubblico e uno riservato agli studenti degli Istituti secondari di secondo grado della Provincia di Pistoia, nello spirito delle attività della Fondazione specificatamente dedicate alla formazione dei giovani. L’intento e il desiderio è di offrire agli studenti l’occasione di entrare in contatto con voci contemporanee della letteratura e del teatro che difficilmente potrebbero incontrare all’interno dei programmi scolastici.
La rassegna è a ingresso libero.

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Federica Iacobelli

Il primo appuntamento, dal titolo Scritture d’infanzia , si è svolto lo scorso aprile e ha visto protagonista Federica Iacobelli, autrice di storie per albi illustrati, romanzi brevi, racconti, sceneggiature, libretti d’opera e drammaturgie, quasi sempre dedicati al pubblico dell’infanzia. Nell’incontro rivolto al pubblico, presso la Biblioteca Forteguerriana, giovedì 19 aprile, ha dialogato con l’autrice Manuela Trinci, studiosa di letteratura per l’infanzia, psicologa e psicoterapeuta infantile. L’attrice Mirella Mastronardi ha interpretato un collage di brani scelti da opere della Iacobelli, in un reading che ne  ha restituito l’immaginario fecondo, delicato, profondo.
Il 20 aprile presso la Sala Convegni del Convento di San Domenico Federica Iacobelli ha incontrato gli studenti degli istituti scolastici della provincia di Pistoia insieme a Carla Poesio, autrice di letteratura per l’infanzia e critica letteraria. A fare da contrappunto alle domande e risposte, la voce dei testi della Iacobelli interpretati ancora una volta dalla Mastronardi, sotto lo sguardo silenzioso e attento dei ragazzi.

Stefano Massini

Seminamenti prosegue il 24 maggio con il suo secondo appuntamento. Protagonista di questo nuovo incontro, intitolato Il corpo delle parole, sarà il drammaturgo e regista fiorentino Stefano Massini, una delle voci più interessanti della nuova scena teatrale italiana, già rappresentato in importanti teatri europei e statunitensi. Io stessa dialogherò con l’autore mentre alcuni brani dai testi di Massini saranno restituiti dal reading dell’attrice Luisa Cattaneo.

Alle ore 10 presso la Sala Convegni del Convento di San Domenico si terrà l’incontro riservato agli studenti degli Istituti secondari di secondo grado della Provincia di Pistoia al quale parteciperanno circa centocinquanta allievi provenienti dal Liceo Classico N. Forteguerri, dall’Istituto Tecnico Commerciale Sperimentale F. Pacini, dall’Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato A. Pacinotti, dall’Istituto professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente B. de Franceschi.

L’incontro aperto al pubblico si svolgerà invece alle ore 21 nella storica Sala Gatteschi della Biblioteca Forteguerriana.

Stefano Massini inizia una vera e propria ascesa come drammaturgo a partire dal 2005, quando vince all’unanimità il Premio Pier Vittorio Tondelli con il testo “L’odore assordante del bianco”. Nel 2007 riceve il Premio Nazionale della Critica, mentre la Ubulibri pubblica tre volumi di suoi testi teatrali: “Una quadrilogia”, “Trittico delle gabbie” e “Donna non rieducabile”, memorandum su Anna Politkovskaja. Quest’ultima pièce, portata al successo in Italia da Ottavia Piccolo, è stata messa in scena nei massimi teatri europei in Francia, Belgio, Lussemburgo, Germania, Stati Uniti, ed è diventata un mediometraggio applaudito alla 66° Mostra del Cinema di Venezia.

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La giornalista russa Anna Politkovskaya

Tra i suoi testi più recenti, una nuova versione di “Frankenstein”, “La commedia di Candido” sui filosofi del ‘700, il pamphlet “L’Italia s’è desta” sui mali del Balpaese, la trilogia “I Capitoli del Crollo” (una mattina così cadde Lehman Brothers)”, appena rappresentato anche a Los Angeles, e il monologo “Lo schifo”, dedicato alla giornalista Ilaria Alpi e alla sua tragica fine, interpretato da Lucilla Morlacchi.

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Sede della Lehman Brothers

Nell’incontro saranno affrontati temi legati alle varie opere di Massini, ricostruendone il percorso artistico, cercando di mettere in luce le caratteristiche della sua scrittura drammaturgica, dal punto di vista della forma e dei temi, legati a vicende politiche, economiche e sociali del nostro presente o passato recente, con le storie di figure femminili divenute esemplari per il loro impegno civile o le saghe di famiglie, come quella dei Lehman Brothers, implicata nella recente crisi economica mondiale, che hanno inciso sulle sorti dell’intero pianeta.

Spero possiate partecipare, noi vi aspettiamo!

Info: www.fondazionepistoiaevignole.it Biblioteca Comunale Forteguerriana: tel 0573-24348

La mia bocca
all’apertura del cielo
è carnivora
Inghiotte i blu
e l’oro dei tuoi sussurri
all’orecchio
incantato

Nostalgia del futuro
introdotto dal sogno
nella vita
che gira
Ho fermato per un attimo
la trottola
la mano ricompone
i colori

Sorrido in questo
eterno vederti
e poi ti lascio ancora
girare

Simona Polvani

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Dal 16 al 20 aprile scorso Annie Abrahams ha risposto a dieci domande, due al giorno, in forma di Tweet.

I temi affrontati hanno riguardato la net art, la performance partecipata a distanza con il rapporto tra drammaturgia e protocollo, l’interattività, finzione e realtà su internet, il tatto, la collera femminile e maschile….

Annie Abrahams ha risposto facendo dei 140 caratteri di un Tweet virtù, attraverso il ricorso all’ipertesto, con link fotografici, video-sonori, testuali, che hanno così aperto le risposte a suggestioni e contenuti maggiori.

In risposte apparentemente elusive, ha condensato rimandi forti alla propria cifra stilistica. E nella provocazione dell’ultimo Tweet, una strizzatina d’occhio al suo progetto in corso Angry Women.

Chi non avesse potuto seguire allora la nostra intervista sulla piattaforma Twitter potrà trovarla ora trascritta in versione completa, sia nell’originale francese che nella traduzione in italiano nella pagina Twitter-Interviste/ Annie Abrahams.  Sempre in forma di Tweet!

Buona lettura!